l’UIF ha elaborato 5 quozienti per individuare possibili società cartiere: immobilizzazioni materiali/attivo interessi e altri oneri finanziari/ricavi capitale sociale versato + riserve nette/passivo acquisti netti + costi per servizi e godimento di beni di terzi/ricavi spese per il personale/ricavi.
Spesso, infatti, viene contestato l’art. 2 del D.Lgs n. 74/2000, che disciplina il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, a società del tutto ignare di aver trattato con una società cartiera; su queste però grava l’onere di dimostrare la buona fede e di non essere al corrente dell’intento fraudolento della società emittente.
Il problema dell’onere probatorio si presenta maggiormente quando la cartiera assume la veste di società di persone o ditta individuale, soggetti per i quali non funzionano gli indici UIF in quanto desunti dal bilancio il cui deposito è obbligatorio solo per le società di capitali. Il punto delicato è che i privati, a differenza dell’Amministrazione Finanziaria che dispone dell’anagrafe tributaria, hanno strumenti limitati di verifica preliminare. La società potrebbe, infatti, non essere in grado di accorgersi della frode pur essendosi adoperata per verificare la bontà della società fornitrice.
La giurisprudenza ha, a tal fine, elaborato delle “regole empiriche”, quali ad esempio la verifica della documentazione, dei prezzi, della sede e dei bilanci, la tenuta delle comunicazioni scritte e dei contratti, attraverso le quali poter individuare l’idoneità del cedente.
Tali indici possono risultare un ottimo punto di riferimento nell’elaborazione o nell’aggiornamento dei Modelli di Organizzazione e di Gestione ex D.Lgs n. 231/2001, sotto il profilo della valutazione del rischio di commissione di reati tributari, per far si che rappresentino davvero uno scudo efficace.