Con una recente sentenza dello scorso febbraio 2021 (n. 4439 del 4.2.21), la Cassazione ha respinto il ricorso dell’imputato in merito alla richiesta di applicazione del Ne Bis In Idem, di stampo europeo, confermando la legittimità di entrambe le sanzioni. Ha ritenuto applicabile il requisito del nesso temporale e materiale sufficientemente stretto, nonostante il processo penale fosse durato diversi anni rispetto a quello tributario, concluso con adesione. Anche in merito all’entità della pena, da valutare per la sussistenza del ne bis in idem, ha ritenuto non gravosa quella tributaria in quanto ridotta per adesione, e neppure quella penale essendo stata concessa l’attenuante del pagamento del debito tributario. Interessante il ragionamento sulle soglie di punibilità il cui superamento, nel caso dell’infedeltà dichiarativa di cui all’art. 4 del D.Lgs 74/2000 affrontato in sentenza, denota comportamenti gravemente pregiudizievoli e quindi, essendo meritevoli di sanzione particolarmente gravosa, preclusivi del ne bis in idem; in assenza di soglie, come ad esempio nel caso della dichiarazione fraudolenta per utilizzo di fatture per operazione inesistenti di cui all’art. 2, pur di fronte a comportamenti denotati da un elevatissimo grado di pericolosità sociale e di gravità della condotta, si potrebbe astrattamente ipotizzare l’operatività del divieto di doppia sanzione.
A seguito dell’introduzione dei reati tributari tra quelli presupposto per la responsabilità amministrativa dell’ente da reato, ai sensi del D.Lgs n. 231/2001, la società si vedrà comminata sia la sanzione tributaria relativa al recupero dell’imposta evasa, sia la sanzione pecuniaria (ma non solo) rappresentata dalle quote previste dall’art. 25 quinquiesdecies del D.Lgs n. 231/2001. Sarà interessante seguire il dibattito giurisprudenziale, già avviato in dottrina, per scoprire se il principio del divieto del doppio binario sanzionatorio, cd. Ne Bis In Idem, sarà ritenuto applicabile anche all’ente. Infatti, proprio per la particolarità del procedimento a carico dell’ente, che segue le norme procedurali del processo penale (si pensi che si parla ancora di “contumacia” dell’ente) e che è, infatti, condotto dal giudice penale, si potrebbe considerare la sanzione pecuniaria applicata all’ente (peraltro gravemente afflittiva) alla stregua di una vera e propria sanzione “penale“, con tutto ciò che ne conseguirebbe in merito all’applicabilità del principio del divieto di doppia sanzione.